Come distinguere tra vino da invecchiamento e vino vecchio?
Di Nicoletta A.Intorno ai vini da invecchiamento sta crescendo sempre maggiore interesse, e non solo tra gli addetti ai lavori. In alcuni casi, stappando una bottiglia di trenta o quarant’anni fa si può davvero ripercorrere, sorso dopo sorso, la storia di un vitigno o di un territorio e intuire in quali tipi di legno esso è stato invecchiato e come sia stato affinato in bottiglia. Una sorta di romanzo della vita del vino, insomma.
Peccato che non tutti sappiano qual è il momento migliore per aprire una bottiglia e in quali casi valga la pena di pazientare anche cinque o dieci anni prima di gustare il prezioso nettare.
Uno dei luoghi comuni da sfatare è che a poter invecchiare bene siano soltanto i vini rossi che, in effetti, contengono maggiori quantità di antiossidanti, che li rendono più adatti a resistere nel tempo. I vini bianchi sono sempre un po’ penalizzati in questo senso e i clienti tendono a chiedere il vino dell’annata in corso, dimenticando che alcuni vini danno grandi soddisfazioni anche dopo dieci o dodici anni. Certo perché si tratti di grandi vini bianchi da invecchiamento bisogna che sullo sfondo ci siano terroir particolari, quindi uve provenienti da eccellenti vigneti che un accurato affinamento in barriques di altissimo livello trasformi in vini molto complessi e longevi. E’ il caso ad esempio dell’Etna bianco, che proviene da terreno vulcanico, altitudine, piante antiche, franco di piede e pre-fillossera. Altri grandi bianchi che possono essere invecchiati sono il Terlaner bianco friulano, i bianchi siciliani della Tenuta Regaleali, i Grand Cru bianchi della Cornell di Colterenzio: Pinot Bianco e Chardonnay.
Per quanto riguarda i vini rossi da lungo invecchiamento, prima in botte e poi in bottiglia, ci sono sicuramente i seguenti: Aglianico del Vulture, Barbaresco e Barolo del Piemonte, Brunello di Montalcino, Cannonau, Castel del Monte, Chianti Classico, Gattinara, Montepulciano d’Abruzzo, Recioto Amarone della Valpolicella, Regaleali siciliano, Sangiovese di Romagna delle Rocche, Taurasi campano e Teroldego del Trentino Alto Adige.
Come è possibile regolarsi e decidere se è meglio aspettare ancora prima di stappare una determinata bottiglia? Oppure, quando si ritrova una vecchia bottiglia in cantina, come fare a capire se si tratta di un tesoro oppure di un liquido da buttare? Sicuramente farsi consigliare da un da un conoscitore di vini è la cosa migliore ed esistono anche infiniti articoli su Internet riguardanti questi vini, ma alcune semplici regole sono alla portata di tutti: l’invecchiamento deve essere avvenuto in una cantina, o per lo meno un luogo molto fresco, in posizione sdraiata, al buio. La bottiglia va presa, messa in piedi e dopo un paio di giorni osservata controluce per vedere se il livello del liquido è sceso tanto o poco. Se la diminuzione è contenuta e il colore non è molto cambiato, vale la pena di stapparlo insieme a qualcuno di speciale. Attenzione però: il vino va stappato molto prima di degustarlo e decantato per ossigenarlo e migliorarne le caratteristiche organolettiche, oltre che per separare il vino il sedimento che si forma con gli anni nella bottiglia.
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