Le more: un frutto ‘povero’ da riscoprire
Di Nicoletta A.Un tempo raccogliere le more era uno dei piaceri di una vacanza in campagna, a costo di macchiarsi gli abiti senza rimedio. Poi si mangiavano in purezza oppure condite come le fragole. Oggi le more sono in vendita quasi solo presso i fruttivendoli di lusso ed è un vero peccato che se ne sia persa la tradizione.
Strettamente parlando, esistono due tipi di more: la mora di gelso (qui a sinistra, in termini scientifici, morus nigra) e la mora selvatica o mora di macchia (rubus fruticosus, qui sotto), che è il frutto del rovo o pruno selvatico.
Hanno proprietà analoghe, ma la prima si distingue per l’alto contenuto di tannino e fibre, oltre alle vitamine A e C. Curiosamente, è astringente se consumata acerba, mentre diventa lassativa quando è ben matura. Inoltre ha un potere rinfrescante e depurativo, è ottima per contrastare anemia ed emorragie.
La mora selvatica, invece, che contiene vitamina C, K, acido folico e una buona quantità di manganese, è astringente sempre, a meno che non sia mangiata a digiuno. Ottima anche contro le emorragie e come alimento depurativo.
Due ricette del nostro archivio in cui potete utilizzare le more: la torta ai frutti di bosco e la bavarese light di Simone Rugiati.
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