Pecorino: un formaggio declinabile in mille maniere
Di Nicoletta A.Si fa presto a dire “pecorino” – in realtà bisognerebbe parlare di “formaggi pecorini”, al plurale, poiché ne esistono a centinaia nel nostro Paese, a partire dal “pecorino romano” e dal “pecorino sardo”. Tra i più amati dai gourmet ci sono quello di Farindola (nella foto) e quello di Pienza, molto amato da Lorenzo il Magnifico, il pecorino dei Monti Sibillini, ma anche i pecorini arbresh del Parco del Pollino in Lucania.
Generalizzando un po’, possiamo dire che si tratta di un formaggio a pasta dura, cotto, dal colore bianco-grigio, ottenuto esclusivamente dal latte intero di pecora lavorato con caglio di latte di agnello. Le forme sono cilindriche e hanno una crosta grigia, liscia e dura, derivante da una stagionatura minima di 8 mesi, effettuata nei tipici magazzini chiamati “caciare”.
Un buon formaggio pecorino è prodotto con latte crudo (non pastorizzato) di animale allevato al pascolo. Questo fa tutta la differenza e la qualità. Rispetto al formaggio caprino e vaccino, il pecorino contiene molto più sodio (in questo senso devono fare attenzione gli ipertesi) e più grassi, ma d’altra parte contiene anche molto fosforo e soprattutto calcio. Ogni tanto perciò si può gustarlo senza timori – secondo noi non tanto alla fine del pasto, ma come secondo piatto o addirittura piatto unico, abbinato a una buona quantità di verdure oppure con le fave fresche, come si suol fare in primavera nel centro e sud Italia. Le nostre ossa ci ringrazieranno!
Il pecorino è un formaggio che conferisce caratteristiche eccezionali a molti piatti delle cucine dell’Italia centro-meridionale, in cui non è assolutamente sostituibile con il parmigiano, senza nulla togliere al valore di quest’ultimo in altri ambiti. Il sapore molto piccante non piace a tutti perché, cosparso a caldo sulle vivande sprigiona un odore acuto e penetrante, tuttavia ribadiamo che per molti piatti è insostituibile. Quali? Cliccate qui per trovarne un elenco.
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