Perché non bisogna demonizzare il burro
Di Nicoletta A.Tipico condimento delle cucine nordiche, il burro è un derivato della crema di latte, di antichissime origini. Si ottiene con due tecniche: da affioramento e da centrifuga. Con la prima tecnica, tipica del burro ‘di montagna’, si utilizza la panna che affiora dal latte crudo lasciato a riposare 12-48 ore. Con la centrifuga, invece, la parte grassa del latte viene separata dalla parte liqida. I grassi vengono poi scremati e utilizzati per la burrificazione.
Il burro è un alimento ricco di proprietà nutritive, anche se va assunto in dosi limitate, per via dell’alto tenore calorico e in colesterolo. Un ricciolo di burro al giorno (ovvero, meno di 15 grammi), consumato crudo non può che fare del bene al corpo: i grassi del burro sono infatti facilmente digeribili, regolano l’assorbimento di alcune vitamine indispensabili come A, D, E e K. La prima è particolarmente importante per combattere le infezioni, rinforzare la vista, proteggere le mucose, mentre la vitamina D rinforza ossa e denti e ha un’attività preventiva nei confronti del cancro.
Una condizione fondamentale perché il burro faccia davvero bene è che sia di qualità, prodotto da crema (e non rigenerato), privo di additivi, aromi e coloranti artificiali. Il burro di qualità si ottiene soltanto dal latte migliore: ha un colore paglierino d’estate e bianco d’inverno (il colore dipende infatti dall’alimentazione della mucca: erba dei prati in fiore quando fa caldo e fieno quando fa freddo). Il burro contrassegnato dalla dicitura ‘tradizionale’ sull’etichetta è garantito dalla normativa UE come privo di additivi, aromi e coloranti ed è quello da preferire in assoluto.
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