Il tonno: perché è importante ridurne il consumo
Di Nicoletta A.Noi italiani siamo grandi consumatori di tonno, secondo le statistiche una media di 20 chilogrammi l’anno a testa. Che si tratti di filetti (la parte dorsale) o ventresca (la parte più grassa dell’addome), cotto o crudo, acquistato in pescheria o in scatola, è indubbiamente un cibo di facile preparazione e di ottimo sapore.
Un tempo il tonno era considerato la carne dei poveri perché costava poco, pur essendo estremamente nutriente, con ottime proteine e acidi grassi Omega 3. Ma oggi come oggi è ancora giusto e sostenibile il consumo di tonno? In realtà, sarebbe opportuno limitarne il consumo. Dario Bressanini nel suo best-seller Le bugie nel carrello vi ha dedicato un intero capitolo all’argomento, intitolato “Tre buoni motivi per non mangiare il tonno“.
Innanzi tutto il consumo di tonno non è più sostenibile dal punto di vista delle riserve ittiche. A questo proposito è importante distinguere tra le due qualità di tonno più presenti sul mercato: il primo è il tonno rosso del Mediterraneo, il più pregiato dal punto di vista gastronomico, usato dai ristoranti giapponesi per preparare sushi e sashimi. Lo stock di questo pesce è in via di esaurimento: i grandi tonni non si trovano più, gli esemplari pescati sono sempre più giovani e piccoli e per questo è comune la pratica di catturarli e ingrassarli in gabbie, impedendo però la riproduzione della specie.
La seconda qualità di tonno, che troviamo sia fresco in tranci che in scatola è il cosiddetto “tonno a pinna gialla“, di taglia più piccola e di carni leggermente meno pregiate. Proviene quasi esclusivamente dall’Oceano Indiano. Il consumo di questa varietà è leggermente più sostenibile, ma anch’esso è già minacciato.
In secondo luogo, trattandosi di un pesce di grandi dimensioni e quindi alla fine della catena alimentare, il tonno accumula molte sostanze tossiche, tipicamente i metalli pesanti come cadmio, piombo e soprattutto mercurio. I controlli esistono, ma per la salute di bambini, anziani e donne in gravidanza, l’abuso nel consumo di questo pesce non è consigliabile. Quando acquistate dal pescivendolo del tonno fresco in tranci, state attenti che il pesce non sia di quelli enormi, intorno ai 100 chilogrammi, perché più grandi sono i pesci, più sono vecchi e più hanno assorbito mercurio.
Il tonno ha bisogno di essere conservato a temperature particolarmente basse perché viene facilmente attaccato da batteri che trasformano un amminoacido in esso contenuto in istamina, causando intossicazioni anche gravi. Questo vale anche per il tonno in scatola, perciò si consiglia di consumare il tonno soltanto quando si è certi che la catena del freddo sia sempre stata rispettata.
Il consumo di tonno crudo è poi pericoloso per la presenza del parassita Anisakis, che muore invece alla cottura oppure con l’abbattimento della temperatura a -30 °C per almeno due giorni.
Ridurre il consumo di tonno e scegliere alternative sostenibili come il pesce azzurro locale o le fonti vegetali di proteine può aiutare a preservare gli ecosistemi marini, ridurre l’impatto ambientale e promuovere una dieta equilibrata e sana.
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